Giustiniano Villa, il poeta ciabattino

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Giustiniano Villa nacque il 21 Settembre 1842 e morì a Rimini il 23 Aprile 1919, era nato da una famiglia con una discreta cultura, da padre segretario comunale e madre figlia di proprietari terrieri.

Era un ciabattino le sue zirudelle intrattenevano il pubblico, tra mercati e piazze, mentre svolgeva il suo lavoro narrava della vita politica e sociale, in particolare delle lotte di classe.

Per ricordarlo il Comune di San Clemente dal 1992 ha indetto il concorso di poesia dialettale.

Viene annoverato tra i più importanti poeti dialettali romagnoli, in assoluto tra i più interessanti e vivaci nel panorama della “poesia di piazza”.

Un interprete della vita sociale del tempo, del proletariato rurale e urbano, che tra la fine dell’800 e l’inizio del ‘900 partecipa all’Unità d’Italia, con le sue di idee di democrazia e di uguaglianza.

Un racconto che si differenzia dagli altri poeti popolari proprio in merito ai temi, non come da tradizione, si distacca dal folclore e dal pittoresco.

Il dialetto è la voce che favorisce la comunicazione sociale viva… una poesia fatta di ideologie, di “dialoghi” tra il contadino e il padrone.

Recitava le sue zirudelle con spontaneità tra gli spettatori delle piazze e nelle fiere, cercando di proseguire la tradizione dei “folari”, che erano ospitati nelle case per intrattenere e declamare storie, le sue storie però avevano come argomento i rapporti tra padroni e mezzadri, temi politici e di denuncia contro le ingiustizie.

Una sua zirudella:

La lotta per l’esistenza.

Me a so ned a S.Clement /t’un castel che anticament /

E fu fat di Malatesta,/a discend da zenta onesta /

sin ma det una busia, /a riteng però clan sia /

perché i mi i na mes insein /né pusion e né quatrein /

che sa fem la riflession / i più svelt e i più birbon /

chin temeva del demonie /ia lassè un bon patrimonie;/

Iavrà e pedre da Berlich / i fiol che rest, ma iè tut ricch./

I mi i ma las poc capitel/ a ereditai at che castel /

una casaza tutta guasta,/per mi us la sarea basta /

senza andè a rotta de col /a t’un ent sit a paghè e nol /

ma chènta, sona, bev e magna / at chi sit poc es guadagna,/

se mestier de calzoler /in poc temp a io fat per./

A provai da vend e vein /per salvèm un po’ d’quattrein/

allora prima an ni so scap,/a ho armèss botta, vein e tap./

Zenza nid, senza un valon/a fec una risoluzion…/

a diss: sarà quel che sarà!/a voi andè t’una zittà,/

ed infat a io indvinè /da pu che a Rimin a so andè/

am la pas com un sovran,/ a stagh i là te borgh ad d’ S.Zvan/

sora l’Evsa vsen e pont /e t’un palaz cha pèr un cont…

Me a voi dè un avertiment / mi bagarein, mi pussident,/

si fuss enca trenta milla, / chi sarcorda chel dis Villa:/

quand e tribula al budel / an riga drett anca e zarvèl,/

chi staga in gamba ben attent,/ cla ni vaga malament!/

Giustiniano Villa

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