Una testimonianza di Rimini a… Venezia

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Alle spalle della nostra città si eleva l’ameno Colle di Covignano.

Scrive lo storico Pier Giorgio Pasini nella collana “Guide verdi” edito da Maggioli Editore 1989: “Dunque, su questa collina, la più vicina al mare fra quelle che affiancano il Marecchia, intorno al XII sec. a.C. si è insediato un nucleo “villanoviano” a conclusione di un lungo viaggio dall’Etruria all’Adriatico. Dal colle era possibile sorvegliare il mare, le piste che percorrevano il litorale paludoso, la foce del Marecchia e di altri due torrenti minori, luogo di attracchi dei mercanti del mare; nello stesso tempo erano facili i rapporti con Verucchio, capitale del territorio, e con l’Etruria attraverso il passo di Viamaggio.”

Qui si insediò il primo insediamento, impossibile indicare la data, ma molto prima della conquista gallica della valle padana (390 a.C.) e della colonia latina di 6mila famiglie (268 a.C.) che segna la nascita ufficiale della nostra città.

Il colle era ricco di sorgenti di cui molte salutifere che divennero, col passare degli anni, luoghi di culto, cioè santuari. Di queste sorgenti ancora oggi è nota e sfruttata la fonte Galvanina. Dei santuari si sono trovate tracce che coprono un lungo periodo: dal VI secolo a.C. al II d.C. Al culmine del colle, alla quota di 155 metri s.l.m. si trova la chiesa parrocchiale di San Fortunato il cui nome, meno diffuso è Santa Maria di Scolca, abbazia olivetana fatta costruire dai Malatesta. E’ ricca di opere d’arte, fra questi il grande quadro di Giorgio Vasari “Adorazione dei Magi” del 1547 (foto1), due tele di Cesare Pronti (1655 circa) e nella sagrestia affreschi cinquecenteschi.

Più in basso si trova il Santuario della Madonna delle Grazie, più semplicemente chiamato Chiesa delle Grazie, con annesso convento e museo, retto dai frati francescani. Il Santuario, il più antico della città data agli anni 1391-96, fu costruito su una precedente cappella eretta in ricordo di un fatto miracoloso.

Nel 1286, sotto il Pontificato di Nicolò IV viveva a Rimini allora inglobato nello Stato pontificio, un pastorello, chiamato Rustico, ragazzo molto devoto alla Madonna, semplice e gentile. Un giorno d’estate Rustico, mentre pascolava il proprio gregge, e riposava al fresco sotto i faggi trovò un tronco d’albero che, per uno scherzo prodotto dalla natura, aveva l’aspetto di figura femminile.

Sebbene Rustico non avesse conoscenza di arte scultorea oltre che fare zampogne pastorali e rustiche tazze, si sentì portato dalla propria devozione a trasformare quel tronco in una statua rappresentante la Madonna. Il pastorello quindi iniziò la sua opera che procedette spedita, per quanto riguardava il corpo, ma quando si trattò di scolpire i tratti del volto il giovane si accorse che, durante la notte, il demonio sfigurava i lineamenti.

Rustico era ormai rassegnato a non riuscire a dare un volto alla sua Madonna, i giorni passavano ma il viso scolpito di giorno, al mattino risultava sfigurato, ed ecco allora che apparvero due giovani che convinsero Rustico a lasciar fare a loro: in pochi minuti ed utilizzando i rozzi attrezzi del pastorello ecco che il volto venne ultimato.

Fu allora che i giovani si rivelarono a lui come angeli che erano stati inviati direttamente dalla Madonna, grata al ragazzo per la sua opera, ma gli diedero anche alcune disposizioni: doveva andare dal Vescovo di Rimini e imporgli che la Statua fosse imbarcata in una piccola imbarcazione, senza alcuno al suo governo, ma lasciata alla provvidenza, “che riposta fosse su una navicella senza condotta di uomo, ed abbandonata direttamente alla direzione del cielo”.

I Riminesi, venuti a conoscenza della vicenda accorsero ad ammirare la statua che già faceva miracoli e con il consenso del vescovo la portarono in processione e arrivati al porto non ci fu persona in grado di spostarla, così che venne messa su una barca e lasciata in balia delle correnti, come dettato dai due angeli. E la barca cominciò a navigare raggiungendo e superando il porto di Malamocco, per arrivare quindi alla Sacca della Misericordia (Cannaregio) vicino ad un’Abbazia dedicata a Nostra Signora con il nome di S. Maria della Misericordia.

“Ritrovavansi per loro buona sorte allora in vicinanza dell’Abbazia due miserabili, cioè un vecchio cieco con in braccio un suo bambino di sette anni, nato mutolo, per questuare della pietà dè fedeli elemosima a loro sostentamento. Al primo comparire della fortunata barchetta sciolse miracolosamente per la prima volta la lingua il mutolo fanciullo, ed eccitò il padre a riverir genuflesso quella maestosa Patrona, che in seno aveva un vaghissimo bambino, e per di cui beneficio ottenuto aveva la favella. Attonito il vecchio padre al non più inteso parlar del figliolo, sentissi riempir d’allegrezza egualmente che di fiducia, e spargendo dà ciechi lumi devote lacrime, implorò dalla santissima Vergine, che riconobbe accennata nella veneranda matrona, la grazia di voler a suo favore raddoppiati i miracoli. Non aveva per anco terminato la sua fervorosa orazione, quando ad un tratto gli si apersero gli occhi, ed ottenne perfettamente la vista”.

Ed allora a Venezia si diffuse la notizia di quella statua miracolosa, (foto 2) e tutti accorsero, ed i miracoli si moltiplicarono. Il Vescovo di Castello diede ordine di portarla a quella che era allora la Basilica di Venezia, cioè S. Pietro di Castello, ma come cercarono di spostarla quella non si mosse.

La Statua venne quindi portata, con una solenne processione a cui partecipò il Doge Giovanni Dandolo, nella chiesa di S. Marziale “con l’accompagnamento della nobiltà e di numerosissimo popolo, lodando ognun il Signore, che avesse in quella miracolosa immagine voluta dar a Venezia una nuova testimonianza della protezione di Maria Santissima principal sua avvocata e Madre”.

A questa statua è legato, tra gli altri anche un altro miracolo: costituita la Confraternita a lei dedicata, i suoi rappresentanti si recarono dal Pontefice per richiedere l’opportunità delle indulgenze plenarie per chi si recasse a pregarla; il Papa, che era molto severo in questo senso, cacciò gli inviati, ma nella notte: “apparve di notte tempo in candida veste col divin suo figliolo fra le braccia al Pontefice, ed esortollo ad esaudire le fervorose istanze dè buoni Confratelli, comecchè avevano per oggetto al di lei culto, ed il vantaggio spirituale delle anime. A tale celeste avviso il cuore del Papa mutossi, e fatti a sè chiamare quei buoni uomini, manifestò loro la visione e ricercò di veder quel fortunato pastorello, il quale aveva incominciata un’opera perfezionata dagli Angeli”.

Il povero Rustico venne rintracciato presso le carceri di Rimini, nelle quali era stato ingiustamente rinchiuso, e la Confraternita ebbe quindi la sua indulgenza.
Ora l’opera è esposta nella navata di sinistra, presso l’altare dedicato alla Vergine, racchiusa in una teca. Gli Angeli soprastanti reggono un cartiglio metallico che ricorda il leggendario autore e il suo completamento da parte dei due Angeli, con scritto:” Rustico incepta, a nobis perfecta” ( iniziata da Rustico , da noi compiuta).

La chiesa fondata secondo la tradizione nel IX secolo, venne ristrutturata alla metà del XII con la dedicazione a san Marcilliano di Limoges (in veneziano Marziale) si presenta come una massiccia costruzione (foto 3); fu nuovamente ricostruita tra il 1693 e il 1721. La semplice facciata esterna contrasta con la ricchezza decorativa dell’interno caratterizzato dagli altari barocchi e dal grande soffitto di Sebastiano Ricci.

Il Santuario Madonna delle Grazie di Rimini negli anni 1569-1578 fu ampliato e raddoppiato; fu costruita una seconda navata; la più antica, quella di destra è stata distrutta dalla guerra – si è conservata solo parte della facciata e sotto il portico si notano parte di affreschi. La chiesa è ricca di opere d’arte, fra le più notevoli: l’Annunciazione di Ottavio Nelli (1400 circa) che è posta sull’altare maggiore (foto 4), un Crocifisso su tavola della seconda metà del 1300 e una Natività dell’Arrigoni (1610).

Così, quando andiamo a Venezia, fra le tante meraviglie veneziane, andiamo nel sestiere di Cannaregio e cerchiamo di vedere ( e magari recitare una preghiera) anche la nostra miracolosa Madonna che come statua si presenta grezza e di fattura infantile, ma che ha tanto di Rimini…..

P.S: Fra virgolette, dove non specificato, è riportato il testo integrale della Scuola di San Marziale. Nella città di Venezia, per scuola si intende sia un’antica istituzione di carattere associativo-corporativo quale è anche una confraternita, sia l’edificio che ne costituisce la sede.

Guido Pasini

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