Santarcangelo di Romagna

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E’ mia abitudine, chiamatela mania, o semplice vezzo, documentarmi e qualche volta crearmi una piccola guida dei luoghi che mi appresto a visitare; oggi poi, con tutte le informazioni che internet ci propina, è solo questione di tempo e voglia per ordinarle in una piccola ricerca.

Poiché il nostro gruppo ha programmato una visita a Santarcangelo, mi sono permesso buttare giù queste informazioni che ritengo siano utili come generica infarinatura; i particolari ci verranno spiegati dalla guida sul posto.

Santarcangelo, a pochi chilometri dalla nostra città, è un paese nel quale tutti i Riminesi, almeno per una volta, sono andati; magari solo in occasione delle sagre paesane o anche per acquisti mirati.

A casa mia, in un particolare periodo, si andava per acquistare carne equina. La carne di cavallo contiene più proteine rispetto alla carne bovina ed è particolarmente indicata per lo sviluppo muscolare e per la crescita dei bambini ed è ricca in ferro indispensabile per la formazione di composti che trasportano l’ossigeno nell’organismo.

C’era, forse c’è ancora, una fornita macelleria, salendo la scalinata di via Saffi che aveva sempre carne fresca perché ne vendeva tanta, soprattutto a clienti riminesi. Quindi, prima di iniziare la visita di questa città – eretta a titolo di città nel 1828 da Papa Leone XII – alcune note storiche.

Abitato in età preistorica; ma si formò a livello di villaggio in età romana col nome di PAGUS ACERBOLANUS (cumulo di laterizi-268 a.C.), felicemente posizionato per la presenza di cave di argilla – i resti della fornaci romane sono ancora oggi visibili a sud del centro abitato – e sulla direttrice dell’antica via romana che collegava Ariminum a Placentia, fatta costruire dal console Marco Emilio Lepido; in seguito la sua popolazione si concentrò attorno alla pieve di San Michele sorta su un antichissimo edificio di origine romana e le cui prime notizie risalgono all’889.

Nel 1037, fu sotto il potere del comune di Rimini col nome di CASTRUM S. ARCHANGELI. Per i due secoli successivi fu contesa fra il potere cattolico (chiesa) e il potere politico (comune).

L’insediamento romano si stabilì ai piedi del colle contrariamente a quello medioevale che si sviluppò sulla sommità, fortificandolo con una prima cinta di mura, oggi in gran parte distrutta; unica testimonianza una porta: Porta del Campanone Vecchio. Nel 1247 Galeotto Malatesta edificò una Rocca (che non esiste più) e fortificò il paese con un’altra cinta muraria di forma ovale che si apriva verso l’esterno con quattro porte.

Oggi rimane integra solo Porta Cervese posta sulla direttrice di Cervia, preceduta da una suggestiva scalinata di cotto e pietra. Dominava su tutto una torre voluta da Carlo Malatesta nel 1386; secondo gli scrittori del tempo questa torre era altissima ed era una delle meraviglie d’Italia per la sua altezza. Le mura quattrocentesche furono restaurate e in parte rifatte nel 1447 da Sigismondo Pandolfo Malatesta che vi fece apporre delle epigrafi marmoree.

Inoltre costruì, utilizzando in gran parte materiale ricavato dalla demolizione della prima rocca una nuova Rocca, come ricorda la targa accanto all’entrata principale, di mole quadrangolare, fortificata con tre torri poligonali per meglio rispondere alle nuove esigenze belliche: la guerra si faceva sempre più con le bombarde di bronzo che con le catapulte di legno.

Sigismondo abbassò la torre e ne utilizzò la parte inferiore come mastio angolare per la nuova rocca. Sigismondo aveva necessità di sorvegliare il corso inferiore del Marecchia e dell’Uso e la via Emilia e tenere d’occhio le insofferenze dei Santarcangiolesi nei riguardi della signoria malatestiana.

Oggi il castello è di proprietà dei Colonna; è in parte adibito a museo e arredato con mobili seicenteschi ed utilizzato per convegni letterari. Sotto l’acciottolato del cortile si trova una grande cisterna medievale ancora funzionante. Il mastio, che è la parte trecentesca di Carlo Malatesta, ha scale a chiocciola nascoste da enormi murature, che permettevano comunicazioni indipendenti ai vari piani.

In una delle sale del mastio, all’età di 21 anni, nel 1432 morì Galeotto Roberto Malatesta detto il beato, nipote e successore di Carlo, fratello di Sigismondo e Malatesta Novello.

Degno di nota è il panorama che si apre dal terrazzo del mastio: la valle del Marecchia, San Marino, e verso il mare l’orizzonte spazia fino a Cesena. I Malatesta ne conservarono il potere fino al 1462 quando fu conquistato, con un terribile assedio, dalle truppe comandate da Federico di Montefeltro, (tranne qualche breve periodo: nel 1390 fu espugnato dalle soldataglie di Giovanni Sforza).

Dal 1503 al 1505, godendo di particolari esenzioni tributarie il paese fu governato dai Veneziani, poi passò al Papato che l’affidò alla famiglia Zampeschi , poi agli Sforza-Pallavicini (1548).

Il borgo medievale, caratterizzato dalla cinta muraria quasi integra, segue a gradoni i dislivelli del colle. Le strade, di acciottolato o di cotto ripide e tortuose, chiamate “contrade” si avviluppano ai saliscendi seguendo le curve di livello del terreno; piazzette e archi d’epoca offrono squarci ambientali molto suggestivi.

Le case sono basse, di linee semplici, interrotte dalla mole di alcuni edifici importanti, come il Monastero delle Santissime Caterina e Barbara, fondato nel 1505 e ricostruito nel 1738 su disegni del Bibbiena che si affaccia su Piazza delle Monache, dove anticamente si trovava il Municipio; al centro della piazza si trova un raro pozzo medievale, si trovano inoltre Palazzo Cenci (1609), Palazzo del Monte di Pietà (1400) e su Piazzetta Galassi, il centro dell’agglomerato medievale, il Campanone o Torre dell’Orologio (1893) in stile neogotico, alto 25 metri e sormontato da una banderuola segnavento che raffigura l’Arcangelo Michele, domina l’intera città ed è il cuore delle contrade e rappresenta uno dei simboli della città.

Non lontano, in via della Cella si trova Santa Maria della Cella detta Celletta Zampeschi (1530-40)

L’abitato moderno si accentra su Piazza Ganganelli, dominata dall’Arco trionfale (unico esemplare di arco trionfale del periodo) opera di Cosimo Morelli eretto nel 1777 per onorare papa Clemente XIV, al secolo il santarcangiolese Lorenzo Ganganelli, (passato alla storia per aver soppresso la “Compagnia di Gesù”) e dal neoclassico Palazzo Comunale costruito verso la metà del XIX secolo.

Santarcangelo è ricca di grotte tufacee (più di 100) scavate nelle pendici arenacee di Monte Giove e che formano una vera e propria città sotterranea. Controversa è la loro origine e il loro utilizzo. Alcuni storici le fanno risalire ad antichi culti celtici, altri ai Bizantini, altri a semplici cantine o luoghi di culto. Sono costituite da cunicoli fiancheggiati da nicchie, sfocianti in un vasto ambiente circolare sormontato da una volta emisferica.

Accanto alle grotte, in Piazza Balacchi, si trova la bella Chiesa Collegiata (1744-58) progettata da Giovanni Francesco Buonamici. Conserva un Crocifisso su tavola del 1300 attribuito a Pietro da Rimini, un polittico di Jacobello da Bonomo datato 1385, il dipinto “S. Giuseppe, Gesù Bambino e Sant’Eligio” di Guido Cagnacci (1635).

Non lontano si trova la Stamperia Marchi che produce stoffe decorate con la tecnica della “stampa a ruggine” con motivi romagnoli utilizzando utensili ed un mangano (una pressa a ruota) del 1633 che viene azionato dall’uomo, da considerarsi esemplare rarissimo, se non unico, ancora funzionante.
Ad 1 km. dal paese, ma ormai inglobato con l’espansione dello stesso, sulla strada per Poggio Berni si erge la Pieve di San Michele Arcangelo, la più antica pieve dell’intero territorio (VI-VII sec). Di probabile origine bizantina, testimonia la diffusione dell’architettura ravennate nel sud della Romagna sorta sul più antico insediamento civile del paese; è stato oggetto di restauri tra il 1968-70.

Da ricordare, poco fuori del paese, il Convento dei Cappuccini del 1654 -61 e rimaneggiato nel 1806. Santarcangelo ha dato i natali a personaggi famosi in tutta Italia: al già citato papa Ganganelli (1705-74), al pittore Guido Cagnacci (1601-63), all’attore Paolo Carlini (1922-79), al poeta Tonino Guerra (1920-2012).

Santarcangelo è nota in campo nazionale ed internazionale per aver istituito il “Festival internazionale del teatro in Piazza” che ha luogo in luglio: le stradine del centro storico si popolano di artisti, saltimbanchi, giocolieri, equilibristi, che presentano il loro repertorio, vetrina e laboratorio delle esperienze internazionali del teatro di piazza e d’avanguardia.

In occasione di San Martino, nel mese di Novembre si tiene la celebre “Fiera di San Martino” che comprende anche la ormai famosa, in tutta Italia, la “corsa dei becchi”; in settembre la “Fiera di San Michele” chiamata anche “Fiera degli uccelli” che raccoglie appassionati venatori che si sfidano a suon di canti con tanto di giuria che premia il volatile dal richiamo più sollecito e brillante.

Guido Pasini

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