La Città del Sole

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La Città del Sole
Nel cuore del parco del Sasso Simone e Simoncello si nasconde la Città del Sole, detta Eliopoli edificata
da Cosimo I de’ Medici a partire dal 1560. Essa doveva simboleggiare il
potere della Casata, in un’area periferica dello Stato al tempo difficilmente
governabile. Questa città-fortezza sulla cima del Sasso Simone, di cui quasi
nulla è rimasto, sorse con criteri urbanistici tardo-rinascimentali. Contava
circa 50 abitazioni di uguali dimensioni compresa la residenza del capitano.
C’erano poi il tribunale, le prigioni e una cappella in aggiunta alla vecchia
chiesa dedicata a San Michele Arcangelo. Erano presenti altresì casematte,
depositi di armi e munizioni, un forno, una fucina, una buca di fusione, un
portico per il mercato settimanale e due porte d’accesso. Diverse strade
collegavano il Sasso con i castelli vicini, e una strada “maestra” selciata,
conduceva a Firenze. L’idea strategico-militare di creare una città-fortezza
sul Sasso, tanto ardita e un po’ folle, crollò quando il peggioramento climatico
rese pressoché impossibile la vita a quote così elevate. Nel 1627 la
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fortezza contava 46 abitanti e cinquant’anni dopo, ormai deserta, perse il
suo ruolo di presidio militare. Poi il tempo fece il resto. Oggi camminando
sull’acciottolato, ancora ben assestato, dell’antica strada di accesso l’emozione
è forte e si ha un senso di appagamento per il coraggio di aver sfidato
la natura in un modo così determinato. Restano ben visibili una grande cisterna
per l’acqua piovana per usi civici e due per uso militare, parte delle
strutture delle mura difensive e, attraverso la più folta vegetazione deboli
tracce della strada lungo la quale si aprivano i quartieri. Altre sono le tracce
del passaggio dell’uomo sull’ampia piana del Simone. C’è la croce, a memoria
dell’insediamento religioso e alcuni reperti conservati nel Museo di
Sarsina attestano presenze nell’età del bronzo, attorno al 1000 a.C. e così
durante le incursioni barbariche. Fu essenzialmente la vocazione strategica
del sito a motivare i principali urbanizzatori del Sasso, dapprima i monaci
Benedettini, siamo nel XII secolo, a seguire i Malatesta nel XV e i Medici nel
XVI. Ai primi si deve la costruzione di un’abbazia dedicata a Sant’Angelo,
probabilmente sul luogo di una cappella di epoca longobarda (Sant’Angelo
era il protettore dei Longobardi), anch’essa sorta su un luogo di culto
precedente. Il motto benedettino “ora et labora” trovava, sul Sasso e nei
territori circostanti, una ricchezza di pascoli e boschi. L’arrivo di inverni particolarmente
rigidi e l’apertura di nuove e più comode vie di pellegrinaggio
contribuirono al decadimento di questo sito, che vide un quasi definitivo
tracollo con la peste del 1348. La soppressione avvenne per opera di papa
Pio II che, nel 1462, lo aggregò al Monastero di Piandimeleto. Rimase una
piccola chiesa, frequentata nei giorni delle fiere estive. L’ultimo tentativo
di ripopolamento fu messo in atto da Cosimo I de’ Medici nel 1566, ripercorrendo
l’obiettivo politico e strategico di Malatesta Novello, signore di
Cesena e Sestino. Il duca de’ Medici era già stato al governo di buona parte
del Montefeltro negli anni attorno al 1520 e, nella politica di riorganizzazione
del territorio, la costruzione di una città-fortezza era un valido baluardo per
il raggiungimento dell’Adriatico. Il sole raggiante, simbolo della nuova “città
ideale” era sintomatico della cultura e della strategia militare del tempo.
Nel 1673 il presidio militare venne abbandonato, cessate ormai anche le
motivazioni politiche con la morte di Francesco Maria II Della Rovere e la
devoluzione del ducato di Urbino alla Chiesa.

by Claudio Dau

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