L’OROLOGIO DI “TALACIA”

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Talacia, era il soprannome di Gennaro Angelini (1874/1956), di professione contadino e residente a Rimini, frazione San Martino in Riparotta.

Semianalfabeta, ma geniale (aveva studiato fino alla seconda elementare) e senza alcuna cognizione da orologiaio, progettò e costruì in circa trent’anni, un enorme orologio (circa sei metri per due).

Questo orologio, perfettamente funzionante, è stato costruito con materiale ricavato da pezzi di legno, arcolai, catene per bicicletta, corde, pezzi di latta.

Appeso al soffitto della stalla, era munito di molti quadranti che indicavano: minuti primi e secondi, quarti d’ora, mezze ore, ore intere, giorni, settimane, mesi, stagioni, anni ordinari e bisestili, fasi lunari, costellazioni, lustri, decenni, secoli, millenni.

La ricarica, veniva effettuata tramite un contrappeso che sporgeva all’esterno della casa (Il mio ricordo è quello di un grosso coppo legato ad una corda con in alto una carrucola.

L’altro capo della corda, girando sulla carrucola stessa e attraverso un foro nel muro, era attorcigliato ad una puleggia collegata con l’orologio. Per gravità, il peso del coppo provocava lo svolgimento della corda, quindi la lentissima rotazione della puleggia e ingranaggi collegati.

Questa ricarica durava circa otto giorni e veniva effettuata sollevando in alto il coppo e riavvolgendo la corda sulla puleggia). Si racconta che Talacia dicesse: “ Spero che Dio sia con me e mi dia l’immortalità, in modo che quando si scaricherà, io possa venire a ricaricarlo”.

Io ho avuto la fortuna di vedere l’orologio in funzione e conoscere l’autore, in gita scolastica durante i primi anni cinquanta, prima della morte dell’autore.

Talacia, nella sua genialità ha progettato e costruito molte altre cose sempre relative al suo lavoro da contadino. Ma come poteva il contadino “del prete” (lavorava i campi della parrocchia) semianalfabeta, essere in possesso di una simile genialità?

Doveva ovviamente conoscere le costellazioni, le fasi lunari ecc.

Poco dopo la sua morte, l’orologio smise di funzionare.

Rimase appeso alcuni anni, poi fu fatto smontare da una sua nipote, restaurato e conservato poi con cura nella sua casa di Rieti.

Su interessamento del parroco di San Martino in Riparotta, Don Danilo Manduchi, fu riportato nella località di origine e in parte, rispetto all’originale, rimontato appeso al soffitto di una sala adiacente la sacrestia della chiesa parrocchiale, dove si trova tuttora.

La sua proprietà fu poi donata al Museo Etnografico di Santarcangelo di Romagna, il cui direttore, Mario Turci, si è impegnato a lasciarlo il locazione gratuita alla parrocchia.

Credo si possa visitare alla Domenica mattina.

Filippo Vannini

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