Rimini, da Roma a oggi

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Rimini (Rémin, Rémni o Rémne in dialetto romagnolo) è un comune italiano situato sulla east coast, in Romagna.

La storia di questa città è variegata e vanta origini antiche: le primissime tracce di insediamento umano rimandano al Paleolitico, giungendo fino al periodo umbro-etrusco quando la discesa celtica spazzò le popolazione esistenti. Nonostante le coalizioni tra queste, i Romani sbaragliarono tutti aprendosi un varco sulla Gallia Cisalpina.

Rimini, infatti, viene verosimilmente da Ariminum, termine romano con cui si intendeva l’attuale Marecchia (Ariminus).

Durante le varie traversie, Rimini fu sempre fedele a Roma, guadagnandosi nel tempo diverse qualifiche od onorificenze: si pensi al titolo di Città o di Primo Municipio Cispadano.

Un evento rimasto impresso nella storia riguarda l’attraversamento del Rubicone da parte di Giulio Cesare. Questi, “nasato” il complotto contro la sua persona da parte del Senato, ruppe gli accordi politici e varcò la soglia del fiume pronunciando la celeberrima frase “Alea iacta est” (Il dado è tratto).

A imperitura memoria del discorso che il generale tenne alle sue legioni subito dopo, nel 1555 fu eretto un cippo oggi posto all’imboccatura di via IV Novembre (nel centro città).

La presenza capitolina si rinviene pressoché ovunque: l’architettura ne è un esempio palese, specialmente quelli che sono i simboli maggiori della città – riportati infatti anche nello stemma –: il ponte di Tiberio e l’Arco di Augusto. Simboli anche dell’importante viabilità cittadina: il primo punto di partenza delle vie Emilia e Popilia, il secondo arrivo della Flaminia.

Viabilità non solo fondamentale per il traffico locale, ma per tutto quello che era l’Impero Romano: da Ariminum si passava per raggiungere il nord o per tornare nell’Urbe.

Ulteriori resti di quel tempo sono l’Anfiteatro e le diverse Domus, ovverosia le case di privati cittadini dell’epoca. Una su tutte, la Domus del chirurgo, riconoscibile proprio per gli attrezzi del mestiere ivi rinvenuti – che si trova nella attuale piazza Ferrari –.

Con il declino post governo augusteo, da buon porto di mare qual era si fece contaminare da usi e venerazioni i più diversi.

Una tale città non poteva non far gola, ovviamente, anche a popolazioni estere: la stessa posizione sull’Adriatico favorì incursioni straniere e nemmeno i Barbari la risparmiarono.

Sia i culti orientali che quelli germanici furono spazzati dall’Editto di Costantino e successivo riconoscimento del Cristianesimo come religione ufficiale. Ne derivò una prolifica erezione di monumenti dedicati al nuovo rito.

Tanto prese piede la nuova religione che a Rimini fu organizzato un Concilio a difesa dell’ortodossia cattolica contro l’arianesimo.

Il Medioevo

In epoca tardo-antica Rimini fu nuovamente teatro di battaglie: il dualismo greco-gotico la stremò fino alla vittoria delle truppe orientali. Proprio il nuovo governo bizantino diede al comprensorio l’attuale nome Romagna (Romània) per confermare le proprie origini romane.

Eppure Rimini rimase indipendente da Ravenna e rifiorì, vivendo un florido momento artistico (si pensi anche alla presenza di Giotto).

Da un punto di vista politico-religioso, si segnala la svolta guelfa che la città ebbe, con l’ascesa dei Malatesta, dopo un lungo periodo ghibellino.

L’epoca Malatestiana

La famiglia dei Malatesta, appartenente alla nobiltà rurale di Pennabilli, ottenne la cittadinanza riminese – nonché un incentivo economico per l’acquisto di case – in cambio di protezione accordata alla città.

La corte di Sigismondo Malatesta si distinguerà nella storia per la sua vivacità, specialmente artistica: geni quali Leon Battista Alberti, Piero della Francesca, Roberto Valturio, Matteo de’ Pasti o Filippo Brunelleschi trovarono libero sfogo e, tra le opere più note nonché ancora esistenti, si segnalano il Tempio Malatestiano e il Castel Sismondo.

Lo Stato Pontificio

Rimini aveva già preso una posizione filo papale quando, caduta la dinastia malatestiana, lo Stato Pontificio la annesse a sé dopo una brevissima dominazione della Serenissima (Venezia).

L’ombrello religioso non risparmiò certo la zona da cataclismi, passaggi e razzie ad opera di Austriaci, Spagnoli, Sardi, Napoletani.

Fu il cinquecento a segnare la nuova ripresa di Rimini, anche per mano di nuovi ordini religiosi che si innestarono nel panorama urbanistico senza alterarlo, bensì arricchendolo.

Il fermento di almeno un secolo comportò la nascita e lo sviluppo di progetti i più diversi: la deviazione del Marecchia, ad esempio o la nascita della Biblioteca Gambalunga.

Purtroppo un secondo terremoto devastò la città, verso la fine del 1600.

La resilienza riminese non si fece attendere e la rinascita fu celere, nonostante le successive tragedie politiche o geofisiche che colpirono la zona.

Il dominio papale ebbe un’interruzione forzata a causa dell’intervento napoleonico, il quale aggregò Ariminum alla Repubblica Cispadana e poi alla Cisalpina.

In qualità di Re di Napoli, addirittura Murat lanciò da qui due appelli per “per l’indipendenza d’Italia”. Cosa che avvenne, non prima di essere tornata sotto l’egemonia pontficia fino al 1860, ratificando l’annessione al Regno di Sardegna.

Se già nel settecento sotto l’egida religiosa la riviera era meta turistica, un secolo dopo – nel 1843 – venne inaugurato il primo Stabilimento Bagni. Inizialmente si trattava di un turismo “in”, solo più avanti sarebbe diventato accessibile a tutti.

Il fascismo

Il fascino di Rimini non risparmiò neppure Mussolini – romagnolo di nascita – il quale contribuì all’urbanistica locale, talvolta migliorandola, talaltra danneggiandola irreparabilmente.

Si pensi all’isolamento dell’Arco di Augusto: la volontà di omaggiarlo e di esaltare la romanità della campagna fascista, portò alla distruzione di tutto ciò che vi era vicino, incluse abitazioni o altri reperti storici.

Di contro, negli anni trenta la politica mussoliniana favorì il turismo: da fenomeno elitario si trasformò in turismo di massa, come dimostrato anche dalle numerose colonie create per pura propaganda.

Un episodio tragico del ventennio riminese fu l’impiccagione di tre giovani partigiani nella piazza che oggi porta il nome di “Tre Martiri”. Solo pochi mesi dopo gli Alleati varcarono i confini.

Nel frattempo, la vicinanza con la linea Gotica la rese ancora una volta teatro di scontri efferati, “consacrandola”  la seconda città più devastata dopo la più famosa Cassino.

Il secondo dopoguerra confermò Rimini quale meta turistica par excellence: il boom degli anni sessanta la investì e ne comportò un considerevole aumento demografico, dato soprattutto dalla migrazione dei residenti dalle periferie rurali, intenti ad aprire nuove strutture ricettive per i vacanzieri.

Tutt’oggi questa tendenza è rimasta invariata: nonostante le diverse formule nuove, sono ancora numerosi gli hotel a Rimini, preferiti proprio per i tanti servizi che offrono, segno distintivo che ha sempre reso la riviera meta prediletta di tanti turisti italiani e stranieri.

Il tutto le permise di staccarsi dall’amministrazione forlivese divenendo, nel 1992, capoluogo dell’omonima provincia.

Lo stemma civico

Lo stemma civico riprende alcuni simboli significativi per la città di Rimini.

A sinistra, l’eredità dell’emblema araldico del libero Comune nella forma – anzi, grafica – dei sigilli medievali arco e ponte. A destra, la rossa croce concessa dal Papa Giulio II, bordata d’argento, su sfondo sempre rosso.

Lo stemma civico fu approvato con decreto del Capo del Governo il 31 marzo 1930.

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