Montebello: Mons Belli, monte della guerra – Marianna Agostini

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… Lasciata indietro Ariminus, percorrendo a ritroso quello che fu il cammino implacabile delle legioni romane che conquistarono la Romagna, si risale il fiume Marecchia. Il paesaggio si fa ondulato di colline e su ognuna di queste, una fortezza: Verucchio… San Leo… E Montebello.

La piccola, imprendibile rocca, così orgogliosa e ruvida da meritarsi appieno il suo nome: Mons Belli, monte della guerra.

Furono i Romani a intenderne e a sfruttarne presto le caratteristiche: strategica per la sua posizione dominante sulla vallata, difficile da conquistare per qualunque nemico, tanto è scoscesa la salita per arrivarci.

Fu costruita una torre di guardia alta e solida. E le generazioni di combattenti che si passarono il testimone durante i 20 secoli successivi seguirono quell’intuizione: ciò che ammiriamo oggi non è che il risultato delle distruzioni e delle ricostruzioni che si sono alternate ininterrotte fino ai giorni nostri.

Una parte del castello  deriva dall’ampliamento della seconda metà del ‘400, voluto dai Conti Guidi di Bagno di Romagna, quando riuscirono a strapparla ai Malatesta di Rimini. Una seconda sezione è ciò che rimane dell’antico fortilizio del X decimo secolo dell’era cristiana, un dedalo di cunicoli e passaggi angusti, che ci ricorda quanto dura possa esser stata la vita degli uomini d’armi di quelle epoche.

… Dei combattenti rotti a tutte le fatiche, sappiamo poco. Dell’umanità varia che in 2000 anni di storia ha cercato riparo dalle guerre entro quelle mura possenti, ancora meno.

Ma Montebello custodisce uno dei più splendidi archivi d’Italia, e ogni tanto un nome appare, si svela, si concede ai nostri occhi di moderni.

E così, Ugolinuccio, capitano della guarnigione di Montebello nell’ultimo quarto del secolo XIV°, esce dalla leggenda e par di vederlo innanzi a noi. Dalla leggenda, si. Perché intorno a questa rocca si dipanano molti racconti misteriosi, il più suggestivo dei quali riguarda una piccola, chiamata Azzurrina, scomparsa misteriosamente nei sotterranei del castello. E in questa narrazione, il padre della bimba è proprio lui, Ugolinuccio, in armatura ed elmo e spada, uomo di guerra  e di famiglia.

E’ lui stesso a dirci: “Sono stato qui, sono stato vivo, ho comandato i miei uomini e amministrato le terre all’intorno…”, firmando di suo pugno un contratto, come a suggellare, oltre che quell’accordo, anche un patto con l’eternità.

Altro non dico. Vi invito a visitare il castello, ad apprezzare i paesaggi e le vedute, ad ascoltare le storie, a rivivere un tempo che non è perduto, a cenare in uno degli splendidi, piccoli ristoranti tradizionali che animano le serate del borgo.

In memoria di Mara Mancini

Guida e …”signora del Castello”…. Come qualcuno amava definirla.

Marianna Agostini

PH: Wikipedia

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