Perché siamo romagnoli

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Perché guai a chi ci tocca la esse.
Perché la piadina fa convertire anche il kebab che diventa amico dello speck.
Perché da noi non ci si fidanza: “Us fa l’Amor”.
Perché ancora a sessant’anni chiamiamo gli amici “Chi Burdèl”.
Perché la piada sardoni e cipolla fresca, va innaffiata col rosso.
Perché “Me a t’amaz” lo diciamo solo a chi vogliamo bene.
Perché nel nostro parlare “Dio Bo” è come l’ossigeno che respiriamo.
Perché i nostri nonni ci hanno insegnato che se entra qualcuno in casa e ha sete, non gli si offre l’acqua ma un bicchiere di Sangiovese.
Perché la stagione al mare, la nostra scuola di vita.
Perché l’unico imbarazzo che abbiamo è quello di stomaco.
Perché “Boia de singuler, um toca d’andè a la messa”.
Perché usciamo dal Cocoricò cantando “Romagna e Sangiovese”.
Perché ovunque siamo, ci basta cantare Romagna mia, per sentirci a casa.
Perché i cappelletti col lesso a luglio sono un lusso che pochi possono permettersi.
Perché quando torniamo a casa “pin come un ov” è colpa degli strozzapreti troppo unti del ristorante.
Perché “A Dì, ciò…” riassume tutti gli affanni e i triboli esistenziali.
Perché abbiamo tutti il colesterolo e i trigliceridi alti, ma ai ciccioli non si può mica dire di no.
Perché da noi il nebbione è un evento metereologico scassamaroni, non uno stato mentale.
Perché da noi quando “bufa” la neve supera il metro non 5 cm.
Perché se passa un amico a salutarci: “dai fermati da noi, mangiamo quel che c’è!” e in 20 minuti scappa fora un buffet da sposalizio.
Perché la spiaggia d’inverno con sto grigio che è di mille colori, sto freddo che ti scalda il cuore, con le gabine chiuse e con l’eco dei pensieri che riempie il mare:

non si può dimenticare

Di Roberto Casadei

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